Gli sgravi e i vantaggi hanno convinto le aziende a investire sulle malattie rare, considerate sennò poco remunerative. E i medicinali sono arrivati. Ma sono usati per un numero sempre maggiore di patologie. Raggiungendo i fatturati dei prodotti non incentivati. È questo uno degli argomenti che verranno trattati su RSalute, domani in edicola
Articolo di Letizia Gabaglio su Repubblica Salute
A volte anche le migliori intenzioni non producono un risultato ottimale. È quello che è successo con la legislazione per i farmaci orfani, pensati per malattie rare o rarissime che, a causa dell’esiguità della popolazione colpita, non rappresentano un mercato appetibile per le aziende. Perché sviluppare un farmaco costa molto e Big Pharma non è una charity. Per promuovere la ricerca di soluzioni, allora, si è pensato di dare incentivi e vantaggi alle aziende che decidono di investire in questo campo: i primi sono stati gli Usa, nel 1983, seguiti da Giappone e Unione Europea. Le leggi per i cosiddetti farmaci orfani hanno permesso di ottenere risultati insperati per chi soffre di fibrosi cistica, malattia di Fabry, Gaucher e Pompe, chi ha deficit enzimatici rari, o tumori come il mieloma multiplo. Dal 2000 a oggi sono state presentate 2713 domande, 1827 hanno passato il primo esame e le molecole sono state designate come orfane, ma solo 126 sono diventati farmaci disponibili in Europa. “Una normativa efficace, anche se migliorabile – spiega Armando Magrelli, delegato italiano presso il Comitato per i prodotti medicinali orfani – soprattutto nella fase di controllo post marketing”. continua a leggere