Guidare i processi per assicurarne gli esiti: la sfida del Transumanesimo

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Francis Fukuyama ha indicato nel transumanismo il grande pericolo per l’umanità di domani. Senza indulgere a superficiali manicheismi, il contributo del filosofo Alessandro Franceschini osserva che in quell’ideologia si scardinano addirittura i presupposti classici del darwinismo, arrivando ad affermare un’evoluzione autodiretta grazie alle potenzialità delle tecnologie più avanzate. Ed è proprio su questo punto che il pensiero transumanista manifesta la sua maggiore potenziale pericolosità.

Articolo di Alessandro Franceschini su

“Prospettiva Persona – Trimestrale di Cultura Etica e Politica”, n. 100, a. XXVI/2017, Rubbettino Editore 

 

La questione se siamo troppo legati alla tecnologia
e quand’è che si rivelerà la nostra rovina è
senza dubbio importante e probabilmente
anche un po’ pressante…

Nel 2004, per il numero di settembre/ottobre, la rivista americana Foreign Policy poneva ad otto eminenti intellettuali la domanda su quale “idea”, se generalmente accettata, avrebbe rappresentato la minaccia più grave al benessere dell’umanità. L’articolo sarebbe stato reso poi noto in Italia dal Corriere della Sera il 10 febbraio 2005. La risposta di Francis Fukuyama, professore di economia politica internazionale alla Johns Hopkins School of Advanced International Studies e membro del Consiglio del Presidente [USA] sulla Bioetica, fu quella di individuare nel transumanesimo, o transumanismo che dir si voglia, tale minaccia. Sarà allora interessante cercare di indagare, seppur in maniera sintetica, di che cosa si tratta e perché, anche al di là della personale visione di Fukuyama [1], ciò potrebbe effettivamente risultare così pericoloso per il futuro dell’umanità.

Possiamo iniziare col dire che il pensiero transumanista è una singolare versione di antropocentrismo prometeico che mira nel futuro a modificare l’uomo, sfruttando tutte le potenzialità della scienza e soprattutto della tecnologia affinché possano essere aumentate e perfezionate le capacità umane e superati tutti quei limiti biologici, e non solo, che caratterizzano la nostra natura, comprese le malattie, l’invecchiamento ed in ultima istanza la morte. Secondo i transumanisti esiste pertanto un imperativo etico per gli esseri umani di lottare per il progresso e il superamento di sé (perfezionismo). Così, l’umanità dovrebbe entrare in una fase post darwiniana di esistenza, nella quale gli esseri umani dovrebbero controllare l’evoluzione sostituendo le mutazioni casuali con cambiamenti guidati dall’autodeterminazione e dalla razionalità degli ultra/post-uomini.

A tal proposito esiste un “manifesto transumanista” [2] che in pochi punti riassume la filosofia di base del movimento: in pratica si tratta di usare tutta la nostra conoscenza scientifica e tecnica per migliorare la situazione umana, essendo il nostro corpo fatto di “sola” carne, un elemento molto debole in un ambiente esterno ostile sia fisicamente che chimicamente, e quindi facilmente attaccabile da elementi esterni.

Perché allora non potenziare in futuro, il corpo umano cercando di rafforzarlo con metalli duri che meglio resistano alle pressioni ambientali? Oppure, perché non esaltarne le prestazioni cognitive e sensoriali? Ma questo è solo uno dei campi di applicazione; vi sono la “mind uploading” che permetterebbe, previa “scannerizzazione” cerebrale, di trasferire le strutture nervose (neuroni e loro connessioni), atomo per atomo, su un supporto di silicio o altro materiale, oppure le tecniche anti-invecchiamento (che combattono i tanto temuti radicali liberi), la criogenia (“ibernazione”), le nanotecnologie e, in particolare, la nanomedicina (creazione ad esempio di globuli bianchi cibernetici che operano una distruzione mirata di virus e batteri), la “libertà morfologica” di modellare il proprio corpo, lo studio della possibilità di contatti con civiltà extraterrestri o la fisica dei viaggi nel tempo e, naturalmente, la cosmologia. Inoltre, fondamentale campo di studio è quello dell’Intelligenza Artificiale che ha in Marvin Minsky (professore al Massachusetts Institute of Technology) uno dei principali esponenti. Peraltro il transumanesimo non si limita ad agire solamente sull’uomo, ma anche sull’ambiente per antropizzarlo. Ecco quindi il grande interesse dei transumanisti per i viaggi spaziali, per rendere abitabili i pianeti (il cosiddetto processo di “Terraforming”), la ricerca biogenetica di base ed applicativa, la possibilità di controllare l’ambiente, il clima e l’energia.

È chiaro che queste idee possano provocare di primo acchito, nella grande maggioranza delle persone, un vero è proprio shock, definito in effetti “Future – Shock Level” (FSL) ed inteso come un indicatore della capacità degli individui di accettare (e di essere esposti) agli sviluppi futuri della tecnologia. Eppure il transumanesimo, facendo riferimento alle dichiarazioni dei suoi esponenti, vuole in fin dei conti che l’umanità sia più sana, più felice, più bella e che controlli maggiormente il suo destino grazie allo sviluppo delle biotecnologie sempre più avanzate.

Inutile negarlo, sembrerebbe che quello che stiamo dicendo riguardi scenari futuristi ed ipertecnologici caratteristici effettivamente solo della fantascienza più spinta; eppure le idee che stiamo esponendo e che fanno capo al movimento transumanista sono ritenute da alcuni una prospettiva più che realistica, considerando anche il fatto che affondano la loro origine e sono espressione, in alcuni casi, di paradigmi filosofici apparsi già in passato nella storia del pensiero. Il transumanesimo infatti, come tutte le ideologie, ha una storia articolata e complessa. La nascita dell’Associazione Mondiale Transumanisti (WTA) nel 1998, non rappresenta pertanto la nascita del transumanesimo stesso, ma una presa di coscienza dei transumanisti di tutto il mondo che, in precedenza frammentati e dispersi in piccoli gruppi e subculture, hanno deciso di unire le forze [3]. Tale pensiero ha le radici piantate soprattutto nella tradizione filosofica illuminista e nelle ideologie politiche da essa derivate, ma soprattutto è possibile rinvenirne dei prodromi nel superomismo di Nietzsche, nel futurismo di Marinetti, nel pragmatismo e nell’utilitarismo di matrice anglosassone e nella tendenza ad interpretare l’umanesimo rinascimentale e i pronunciamenti di Bacone sulla scienza sperimentale in maniera alquanto faziosa.

Ma torniamo al nostro punto di partenza, ovvero sul considerare l’ideologia transumanista come uno dei maggiori pericoli per il futuro dell’umanità, secondo quanto suggerito da Fukuyama. Per procedere dunque in questo senso con la nostra riflessione, è necessario spostare l’attenzione essenzialmente sul rapporto che intercorre, o che dovrebbe intercorrere, tra la scienza e la tecnica con il divenire dell’uomo. In altri termini, si tratta di mettere in evidenza uno degli aspetti peculiari dell’attualissima “questione antropologica”, che trae origine dai recenti sviluppi scientifici e tecnologici che hanno dato di conseguenza all’uomo un nuovo potere di intervento su se stesso, trasformando direttamente la realtà fisica e biologica del suo essere, attraverso tecnologie che progressivamente si stanno appropriando del corpo umano e soprattutto dei processi di generazione umana, ma anche del funzionamento del cervello. Assai indicative sono, in questo ambito, le direzioni delle ricerche sui rapporti mente-cervello, sulle questioni della coscienza e dell’autocoscienza, come anche del linguaggio o delle già citate intelligenze artificiali, che tendono a ridurre la realtà della mente e della coscienza, nonché dell’intelligenza e della libertà al funzionamento dell’organo cerebrale e dunque a loro volta eguagliabili, o addirittura superabili, attraverso i progressi delle stesse intelligenze artificiali. Ed è chiaro a tutti che su questo versante della ricerca scientifica, ci troviamo solo all’inizio di sviluppi dei quali è assai difficile prevedere il limite.

È necessario allora soffermarsi sull’interpretazione dell’uomo implicata in questi sviluppi perché, è facile intuirlo, è su questo piano che le prospettive sul post-umano risultano problematiche e pericolose, soprattutto dal punto di vista etico. E sia chiaro, non si tratta in questi casi di un semplice rifiuto di quel dualismo antropologico che concepisce l’uomo come costituito da due sostanze, l’anima trascendente ed il corpo immanente, unite tra di esse in forma soltanto accidentale, quanto piuttosto l’affermazione del nostro essere in senso fortemente riduzionista, poiché l’uomo stesso viene ricondotto alla sua sola dimensione fisica, in una prospettiva radicalmente naturalistica che porta a considerare l’essere umano soltanto una tra le tante particelle della natura.

Tale interpretazione ha evidentemente dei precisi presupposti, anzitutto a livello teoretico, e che sono rintracciabili nella tendenza a considerare anche l’uomo un “oggetto” che, come tutti gli altri oggetti nel mondo, deve essere conoscibile e “misurabile” attraverso le forme dell’indagine sperimentale. Ma mentre tutto ciò è senza dubbio lecito ed utile ai fini della ricerca scientifica, come ad esempio alla luce dei benefici che può portare nella cura delle malattie, risulta essere problematico nel momento in cui, tale tendenza, si trasforma in una specie di “scientismo” che considera questa l’unica forma razionalmente valida di conoscenza del nostro essere a discapito del contributo che, in tale ricerca, è rappresentato dal considerare l’uomo un’irriducibile soggettività che mai può essere totalmente oggettivata e dunque, conosciuta in maniera adeguata solamente attraverso le scienze empiriche.

Un ulteriore presupposto assai rilevante è poi il grande aspetto del discorso legato all’evoluzione, cosmica e biologica, il quale contribuisce in maniera significativa a considerare l’essere umano in modo naturalistico. Varie domande si pongono a tal riguardo ma, soprattutto nell’ottica transumanista, si scardinano addirittura oltremodo i presupposti classici del darwinismo, arrivando ad affermare un’evoluzione autodiretta, ovvero che l’essere umano non è più soggetto alle leggi della natura e dunque dell’evoluzione della specie, quanto piuttosto a predominare la scena e, come si accennava già in precedenza, ad orientare e modificare la natura stessa attraverso le scelte individuali e collettive da parte dei soggetti umani che, grazie alle nuove conquiste scientifico-tecnologiche, saranno in grado di determinare gli sviluppi futuri degli stessi fenomeni biologici attraverso un intervento deliberato su tutti i processi naturali al fine di migliorarli.

Ed è proprio su questo punto che il pensiero transumanista manifesta la sua maggiore potenziale pericolosità, aprendo scenari che interrogano le coscienze ed impongono una considerazione adeguata sulla responsabilità in campo bioetico e sull’avvenire.

Particolarmente significativi in questo senso, al di là delle diverse riflessioni in materia, sono gli scenari distopici presentati da numerosi romanzi e film, che di tanto in tanto vengono alla luce, e che con grande incisività accolgono la realtà non soltanto così qual è, ma nelle sue attitudini e tendenze negative, sviluppate ed ingigantite, fornendo il materiale con il quale edificare la struttura di un mondo distorto. È infatti tipico delle distopie l’assunzione della dimensione storica nella sua prossimità con la realtà, costruendo il suo risultato ideale, più o meno vicino nel tempo, di strutture e condizioni già insidiatesi nella società contemporanea, tentando di indurre il lettore o lo spettatore, a stabilire un rapporto di filiazione, di causalità tra il mondo reale e quello rappresentato nella creazione artistica, in qualità di suo effetto. Tutto ciò affinché l’individuo avverta l’urgenza di mutare quelle strutture e quegli atteggiamenti che, lasciati liberi di attecchire e proliferare, consegnerebbero l’umanità ad uno scenario infernale.

Ovviamente al di là di tutto è da rifiutare, nell’analisi della complessa e delicata questione in oggetto, il troppo semplicistico manicheismo “buono da una parte e cattivo dall’altra”, perché è evidente che quello che stiamo dicendo non significa rifiutare il progresso scientifico e tecnologico a priori. Diversamente, riteniamo che sia quanto mai necessario dotarsi di spiccate capacità di acquisizione di responsabilità, soprattutto nel mondo della ricerca, nella guida dei processi di trasformazione dell’uomo e di assicurarne esiti positivi e benefici, senza perdere di vista il problema del significato e dei fini della nostra esistenza. Per far ciò è dunque essenziale riappropriarsi di “un’etica forte” [4] che non potrà però, evidentemente, essere costruita sulla riduttiva premessa della totale riconduzione dell’uomo al macro-processo evolutivo.

Su tali basi, attraverso un lavoro convergente, potranno risultare più chiari i limiti della conoscenza empirica e la distinzione tra sapere scientifico e sapere filosofico, senza ignorare o negare, ma al contrario incoraggiando, quel rinnovato interesse che le grandi domande sull’uomo, sulla vita, sulla totalità dell’universo, suscitano sempre più tra coloro che sono impegnati nella ricerca scientifica, per il fatto che proprio l’avanzare delle scienze stimola a porre problemi che debordano i canoni metodologici delle scienze stesse: così, nella distinzione reciproca e in una dialettica autenticamente ermeneutica, potrà progredire una feconda interazione tra le scienze e la filosofia, senza preclusioni di nessun genere, aprendosi anche nei confronti della trascendenza.

L’essere dell’uomo, come sottolinea Gabriel Marcel, è infatti qualcosa in più rispetto al solo corpo: è mistero, ovvero un problema che rimane al di là dell’analisi e che non può essere ricostruito sinteticamente a partire da elementi empirici logicamente anteriori [5].

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[1] Cfr. Francis Fukuyama, La fine della storia e l’ultimo uomo, Rizzoli, Milano 1992.

[2] Queste le due versioni più recenti del manifesto alle quali poter fare riferimento:
– Manifesto dei transumanisti italiani, in “Delos Science Fiction”, n. 108, anno XV, Settembre 2008.
– Network Transumanisti Italiani, Transumanesimo. Accelerare l’evoluzione autodiretta per trascendere i limiti naturali – Manifesto fondativo, pubblicato come versione 1.0 in data 11 Febbraio 2017 sul sito web transumanisti.org

[3] A questo proposito è interessante sottolineare come, ad esempio, il primo a coniare ed utilizzare il termine “transhumanism”, e dunque convinto assertore del superomismo scientifico e tecnologico, fu il biologo evoluzionista Julian Huxley nel 1957.

[4] È in questi termini che si esprime il cardinal Camillo Ruini nella relazione tenuta in occasione della quinta edizione degli incontri annuali fra credenti e non credenti della Fondazione Magna Carta sul tema “La sfida antropologica”, Norcia, 24-25 Ottobre 2009.

[5] Cfr. Gabriel Marcel, Il mistero dell’essere, Borla, Roma 1987.

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