Il digitale come opportunità per consolidare l’alleanza terapeutica: se ne è parlato a Milano al Corso ‘Parole che curano, parole che ammalano’, promosso dalla Sapienza Università di Roma con il supporto di Fondazione Roche. Tra gli interessanti contributi anche quello di Cristina Cenci, antropologa e CEO di DNM-Digital Narrative Medicine.
Articolo su Libero Quotidiano
L’era digitale entra nell’atto terapeutico con nuovi rituali e parole, che modificano e indeboliscono il rapporto fiduciario tra chi cura e chi è curato. Serve però un web ‘sano’ e riscoprire il valore prezioso e curativo di una relazione in crisi, quella tra medico e paziente. Il medico empatico, che accoglie e ascolta il malato, cura meglio e più rapidamente. È risaputo, e non è solo una questione di etica e di competenze tecniche. L’interazione, il dialogo e la condivisione sono la base della cosiddetta ‘alleanza terapeutica’ tra medico e paziente: un processo millenario, l’atto di cura, fatto di rituali, linguaggi e contatto visivo, basato sulla fiducia e sulla speranza. La risposta alla preziosa relazione che si instaura tra il curante e chi è curato è l’effetto placebo, una sorta di miglioramento spontaneo, correlato alle aspettative positive del paziente, al rapporto fiduciario con il suo medico e al contesto sociale nel quale è messa in atto la cura: da tempo questa relazione è in crisi. La sbornia tecnologica e la bulimia della comunicazione online, sostenute dalla estrema burocratizzazione sanitaria, con l’introduzione di nuovi protagonisti, nuovi rituali e parole, stanno mettendo a dura prova l’alleanza terapeutica tra medico e paziente, basata da sempre sulla fiducia, e il suo potere curativo. Continua a leggere