Per contrastare la diffusione di notizie false sul coronavirus, l’OMS collabora con social e media tradizionali. I social si sono rivelati anche uno strumento positivo per fare emergere la verità censurata dal Governo e le storie personali delle persone. Per questo si tratta della prima “infodemia” della storia.
Articolo di Michele Gentili e Alessandro Longo su Agenda Digitale
L’epidemia da coronavirus è la prima infodemia della storia, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS): il suo impatto sociale, economico e umano è indissolubilmente connesso al mondo dei media digitali, i social soprattutto. Nel bene e nel male: i media digitali amplificano i danni – veicolando disinformazione sul virus – ma si stanno anche rivelando un mezzo per ridurre le conseguenze negative dell’infezione e fare emergere verità e racconti della gente, anche non gradite al Governo cinese.
Ecco perché la stessa Oms sta collaborando con tutte le società di social media come Google, Facebook, Tencent, etc. con l’intento di combattere notizie incontrollate e “falsi miti” e per garantire che le informazioni corrette e ufficiali siano facilmente individuabili e soprattutto ben visibili prima di tutte le altre.
La raccomandazione dell’OMS è anche rivolta a tutti gli utilizzatori dei social media; ognuno di noi infatti ha il dovere di condividere coscientemente, “facendo click” con attenzione ed evitando di alimentare notizie false o anche solo dubbie.
Come a dire che, per la prima volta, l’umanità sperimenta un’epidemia che va combattuta non solo sul campo della scienza e della salute pubblica, ma anche in quello dei media di massa distribuiti.