Intervista a Gioia Di Biagio, donna di 34 anni, artista poliedrica, che ha imparato a tenere per mano una malattia rara e che racconta la sua esperienza di resilienza, tenacia e positività, attraverso l’espressione di sé sotto diverse forme d’arte, concentrandosi sulla metafora di mettere oro nelle crepe.
Abbiamo avuto l’occasione di conoscere Gioia Di Biagio e l’abbiamo intervistata per conoscere meglio la sua esperienza artistica di narrazione legata all’esperienza di malattia e cura. Gioia ha 34 anni, è una donna luminosa, una guerriera carismatica che ha imparato a tenere per mano una malattia rara, la sindrome di Ehlers Danlos. È un’artista che racconta la sua esperienza di resilienza, tenacia e positività attraverso l’espressione di sé: scrittrice, musicista, performer, responsabile di workshop, si concentra sulla metafora di mettere oro nelle crepe.
L’arte di abbracciare il danno: il kintsugi come inno alla fragilità. Quando la fragilità diventa una forza?
Quando un giorno, per caso, si è rotta una statuina di porcellana a cui ero particolarmente legata, mia sorella si è ricordata dell’antica arte giapponese del kintsugi (kin = oro, tsugi = riparare). Il kintsugi è la pratica di riparare le porcellane andate in frantumi con l’oro, donando loro una nuova preziosità. Quando ho scoperto quest’antica tecnica, ho capito che io stessa ero quella donna di porcellana fragile e piena di rotture, cicatrici di vita da ripercorrere con l’oro.
Quanto ha influenzato sulla tua vita la sindrome di Ehlers Danlos?
Ho sempre vissuto facendo molta attenzione a non farmi male.
Ho cercato però sin da piccola di trovare alternative, scegliere attività più idonee alle mie possibilità. Non potevo correre ma potevo volare con la fantasia.
La sindrome di EDS è infatti una malattia rara del tessuto connettivo. Ha diverse forme e diversi gradi di invalidità. Le caratteristiche più comuni sono iper-lassità dei tessuti interni ed esterni. È un tutto fragile. E questo porta spesso a dolori e stanchezza cronici. Il dolore è invisibile agli occhi di chi ci guarda e per questo mi sono aggrappata alle metafore per esprimermi.
Aver imparato a metaforizzare dolori non visibili è diventato il fulcro della mia creatività.
Quindi della tua fragilità hai fatto un’arte?
Il lavoro dell’artista è secondo me quello di filtrare la realtà attraverso la propria sensibilità. Raccontarsi attraverso l’arte è per me un’opportunità di riscoprirmi, riflettere e far riflettere sulla diversità, affrontare le difficoltà e sensibilizzare facendo conoscere argomenti per molti sconosciuti, attraverso la mia personale visione.
Fino ad arrivare a considerare te stessa una donna di porcellana kintsugi?
Esattamente. Nella performance “Io mi oro” (https://www.youtube.com/watch?v=_YK7bOVPuLo&t=34s), come una regina antica, ripercorro le mie cicatrici con l’oro, per affrontare e sanare le sue fragilità attraverso il gesto artistico. È l’essenza della resilienza.
Ma su questo tema hai anche pubblicato un libro edito da Mondadori, giusto?
Scrivere il libro che ho intitolato “Come oro nelle crepe; così ho imparato a rendere preziose le mie cicatrici”, è stata per me una catarsi. Ho rivissuto, ripercorso e capito maggiormente il significato della mia vita. Grazie alla scrittura ho avuto l’occasione di comprendermi maggiormente, ho messo insieme i diversi tasselli, per poi, pezzo dopo pezzo, imparare ad accettarli. L’accettazione è un fatto di testa, scegliere come vogliamo porci di fronte alle difficoltà che ci presenta la vita. Non è facile, ma penso sia la scelta più importante per sé stessi: vivere a testa alta e col sorriso.
Le forme artistiche di narrazione, possono aiutare a fare ordine, contribuendo a darne un significato al di fuori dei caotici contesti ordinari. Possono inoltre sensibilizzare e sviluppare la capacità di interpretare storie di malattia e di cura, come succede nella medicina narrativa.
Libro: https://www.librimondadori.it/libri/come-oro-nelle-crepe-gioia-di-biagio/
Che workshop proponi?
Il libro ha avuto molto successo, ho ricevuto centinaia di mail da lettori entusiasti, che desideravano condividere con me la loro storia, e desiderosi essi stessi di mettere oro nella propria biografia.
Così è nato il workshop di kintsugi biografico (https://www.youtube.com/watch?v=e8o6AmHViQk&t=10s): si rompe una ciotola, si dà un nome ai diversi pezzi come fossero i capitoli della nostra vita, si impara a conciliare e riparare le linee di rottura, poi si rimettono insieme i pezzi, si aggiusta ciò che è danneggiato e si valorizza con l’oro.
Il laboratorio si propone come opportunità di guardare la nostra vita da un nuovo punto di vista, per riconoscere una nuova bellezza data dalla nostra specifica unicità.
Hai nuovi progetti?
In un periodo in cui condividiamo un comune vissuto di rottura, invito tutti a partecipare alla Call COVID Puzzle: un mosaico composto da paure, sogni e desideri che saranno uniti da me con l’oro, come nell’antica arte giapponese del kintsugi. Ne nasceranno assembramenti di pensieri, amorevolmente ricomposti personalmente, dentro frammenti di porcellane rotte.
Come si può partecipare a questa iniziativa?
Mandandomi una semplice parola che descriva il proprio lockdown: su Instagram o sul mio sito internet.
Ogni parola sarà uno dei tasselli del puzzle in ceramica che descriveranno le tante emozioni che abbiamo provato in questa rottura collettiva.