“One Health Digital”: il patto culturale che serve per una sanità globale e sostenibile

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“One Health Digital”: il patto culturale che serve per una sanità globale e sostenibile

In un momento storico in cui la mancanza di risorse non può più essere un alibi, occorre accelerare il passaggio verso una sanità sostenibile, prendendo atto a tutti i livelli di errori e miopie e ripartendo con grande senso di responsabilità.
Per farlo occorre un “patto culturale”. Ecco i fronti “caldi”.

 

Il mondo è profondamente interconnesso e le nostre azioni possono avere conseguenze che travalicano i confini geografici e temporali all’interno delle quali sono concepite. Questo vale anche, e soprattutto, per la sfera della salute. La pandemia ce lo ha dimostrato con tutta la sua drammaticità: non è possibile preservare la nostra salute se non impariamo a prenderci cura della salute e del benessere di tutti.

Progettare una sanità sostenibile vuol dire prendersi cura non solo dei nostri simili, superando egoismi e particolarismi, ma anche della natura, dell’ambiente e dello sviluppo sociale, economico e culturale della nostra società.

In breve, significa passare dalla logica “egocentrica” a quella “ecocentrica” nella quale l’uomo non è al vertice della piramide ma è parte – a pari livello – di un ecosistema per il quale deve essere garantito un equilibrio di salute.

Il concetto di “One Health”

Il concetto della “One Health”, ovvero di una salute globale per tutti, non è nuovo – risale almeno al 1978 nelle parole della Wild Conservation Society – tuttavia fino ai tempi recenti ha trovato applicazioni solo nel mondo animale e all’ambito dell’alimentazione e nutrizione.

Oggi, invece, il quadro epidemiologico è cambiato: non si parla più solo di Double Burden of Disease riferendosi alla gestione delle acuzie e delle patologie croniche, ma stiamo assistendo al sovraccarico dei sistemi sanitari e diventa sempre più essenziale lavorare in modo proattivo per anticipare i fenomeni che minano gli equilibri degli ecosistemi. A maggior ragione, in un momento come questo di ricostruzione e ripartenza, ogni scelta, e in particolare quelle relative agli investimenti di risorse, va ponderata e poi monitorata in una prospettiva che travalica il breve periodo, ma guarda con senso di responsabilità agli impatti di sistema e all’effetto sulle prossime generazioni.

Si tratta di una sfida che prima ancora che di disponibilità di risorse è di prospettiva e mindset dei decisori che devono riconoscere l’importanza di tre aspetti chiave.

  • Innanzitutto, come già detto, occorre riconoscere che equilibri sostenibili si raggiungono solo gestendo le interconnessioni tra le discipline scientifiche, tra i governi, tra i cittadini e le istituzioni.
  • La logica “ecocentrica” impone anche di lavorare a livello di comunità e non di singolo cittadino: la strategia di prevenzione della salute dell’ecosistema deve coinvolgere istituzioni, scuole, amministrazioni, strutture sanitarie, privati, ciascun elemento della comunità è chiamato a fare la sua parte per la salute del Pianeta e dell’uomo.
  • Infine, sono la cultura e le competenze orientate in particolar modo alla multidisciplinarietà, alla capacità di raccogliere e utilizzare e i dati che permetteranno di gestire le interrelazioni e sostenere gli sforzi della comunità per una salute globale.

Come realizzare il paradigma One Health

Come tradurre, dunque, questa visione globale in effettive e concrete azioni con impatti di lungo periodo? Crediamo che la realizzazione del paradigma One Health debba necessariamente passare attraverso l’uso competente e consapevole delle tecnologie digitali. Solo l’innovazione digitale, infatti ci può consentire non solo di comprendere e gestire le interconnessioni, valorizzando i dati e le informazioni, ma anche di riprogettare i servizi di cura per renderli scalabili e accessibili a tutti.

Gli impegni economici legati a sanità, welfare, transizione ecologica e digitalizzazione presenti nel nostro Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza non vanno quindi visti e gestiti come “capitoli separati” di un programma di stimolo all’economia, ma come componenti indissolubilmente di un programma olistico di ripensamento del nostro modello di sviluppo umano e sociale, prima ancora che economico.

 

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