Un progetto che ha anche l’ambizione di cambiare quella mentalità dei silos nella scienza, che spesso limita i ricercatori e le ricercatrici in un determinato settore, laddove, invece, la Scienza partecipata richiede una continua interazione e scambio con altri settori. Per di più questo progetto intende coinvolgere anche persone che vivono sulla propria pelle o su quella dei propri cari difficoltà che li portano ad agire in prima persona nel tentativo di risolverle.
Una grande opportunità di contribuire al bene comune, di fare ciascuno la propria parte per rendere la società più accogliente per tutti. Con questo spirito, abbiamo ideato nel Centro Nazionale Malattie Rare (CNMR) dell’ISS il progetto di “Scienza partecipata per il miglioramento della qualità di vita delle persone con malattia rara“, finanziato dal Ministero della salute e avviato dalla pubblicazione di un bando alla cui stesura hanno lavorato tre Comitati (tecnico-operativo, promotore e scientifico) composti da ricercatori e rappresentanti della cittadinanza, dei pazienti e delle istituzioni.
Un progetto che ha la forza dirompente della democrazia: non c’è niente di più democratico infatti della Citizen science che ha il suo fondamento nella partecipazione attiva e secondo criteri solidi e condivisi dei cittadini e delle cittadine al processo della conoscenza scientifica. Un progetto che ha anche l’ambizione di cambiare quella mentalità dei silos nella scienza, che spesso limita i ricercatori e le ricercatrici in un determinato settore, laddove, invece, la Scienza partecipata richiede una continua interazione e scambio con altri settori. Per di più questo progetto intende coinvolgere anche persone che pur non avendo competenze tecnico-scientifiche né curriculum accademici, mettono a frutto ingegno e creatività per agevolare e migliorare la vita degli altri. Tanto più se, come nel caso delle persone con malattia rara, vivono sulla propria pelle o su quella dei propri cari difficoltà che li portano ad agire in prima persona nel tentativo di risolverle: si tratta quindi di sviluppare conoscenze su una base di esperienza diretta, che può comunque portare a risultati efficaci.
Le persone con malattia rara e chi è loro accanto, infatti, sulla base del loro vissuto sempre più spesso partecipano, al fianco dei professionisti della salute, ai percorsi di cura e i loro rappresentanti siedono ai tavoli istituzionali. Pertanto, il passo successivo è che possano essere ideatori e sviluppatori di strumenti e soluzioni pratiche per vivere meglio il quotidiano. Progettare, ad esempio, un ‘accessorio’ del passeggino che consente di appoggiare le stampelle di una mamma disabile mentre lo spinge, o sviluppare un software come Amelie, grazie al quale le bambine con Sindrome di Rett possono comunicare in modo più veloce ed efficace.