Le strutture sanitarie sono città in miniatura che consumano moltissimo. Grazie a Big data e algoritmi è possibile ottenere una gestione più efficiente così da evitare sprechi
Quanto «divora», in termini energetici, un ospedale? L’equivalente di 2 mila abitazioni. Tanto, tantissimo. La sanità e l’assistenza sociale rappresentano infatti il primo «consumatore» di energia del settore pubblico italiano, con il 31% del totale.
Città in miniatura
Gli edifici ospedalieri costituiscono una delle infrastrutture più complesse, caratterizzate da necessità differenti sulla base delle diverse destinazioni d’uso: hospitality (degenze, ambulatori, spazi commerciali); servizi essenziali di terapia (sale operatorie, terapie intensive, apparecchiature elettromedicali); industria (laboratori analisi, magazzini robotizzati); servizi informatici (sale centro elaborazione dati) .
Non solo. In Italia sono stati censiti 1.911 tra Asl, Distretti, Presidi ospedalieri, Aziende ospedaliere, Policlinici universitari, Ospedali militari e religiosi, Irccs, Centri trapianti. Insomma, una congerie di strutture tra l’altro disomogenee per classificazione sismica, vincoli storico-artistici, caratteristiche impiantistiche e strutturali. A guidarne la gestione e l’approvvigionamento ci pensano 32 soggetti aggregatori, tra cui Consip (la centrale acquisti della pubblica amministrazione).
Trovare il filo rosso
Ora come in tutta questa Babele si possa trovare un «filo rosso» che consenta alla sanità di risparmiare sulla bolletta è una enorme sfida. Eppure grazie a Big data e algoritmi di Intelligenza artificiale, Enea ci sta provando. L’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile ha infatti lanciato il progetto Pell ( Public Energy Living Lab) Ospedali per la mappatura dettagliata del patrimonio sanitario italiano.