Il regolamento Ue aggancia l’innovazione al rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo. Ma solo un approccio etico potrà integrare le nuove istanze scientifiche, giuridiche, filosofiche generate dal digitale. E trasformare così la compliance in asset competitivo e trampolino di rilancio per il benessere sociale.
Articolo di Maria Teresa Iannone su Agenda Digitale
La digitalizzazione del mondo, il continuo flusso di informazioni che riceviamo costantemente e l’ingresso nell’era dei big data aprono uno scenario che non può essere estraneo alla riflessione morale, necessaria in un’ottica by design per poter comprendere e attivare ogni altra dimensione tecnica e giuridica in materia di “uso dei dati”.
Tutto ciò con il duplice fine di salvaguardare la privacy tenendo ben presente che, in ambito sanitario, gli interessati spesso sono pazienti e quindi persone che possono trovarsi in condizioni di fragilità e al tempo stesso con l’obiettivo di accompagnare gli esperti della protezione dei dati alla definizione di regole prudenti che mirino a difendere le informazioni e i dati ad esse ricollegate senza dimenticare che il loro lavoro deve essere al servizio della Persona.
Quando si parla di Sanità digitale (ma non solo) è, dunque, la bioetica l’elemento chiave in grado di dare respiro al GDPR, portandolo da mero dispositivo normativo a protezione dei dati a catalizzatore di una piena svolta digitale che mette al centro diritti e libertà fondamentali delle persone.