Abbattimento delle barriere normative e sostegno concreto alla sostenibilità finanziaria e interoperabilità nazionale tra FSE, cartelle cliniche, Patient Summary sono i due pilastri attorno a cui dovrebbe ruotare la Sanità nazionale post-PNRR, se davvero il Piano vorrà incidere sul SSN del futuro
Il PNRR rappresenta la grande occasione per ripensare l’intero Servizio Sanitario Nazionale in una ottica nativamente digitale, disintermediata, inclusiva e, soprattutto, finanziariamente sostenibile. Questo è il mantra che quotidianamente ci propinano i media. Ma quanto possiamo attenderci dal PNRR in termini di risultati finali? Come sarà il sistema sanitario nazionale nel 2026 (termine ultimo per utilizzare i fondi stanziati)?
Cerchiamo di capire insieme quante risorse sono stanziate e per fare cosa e proviamo ad analizzare nel dettaglio punti di forza e di debolezza del Piano con riferimento ai due obiettivi declinati per cercare di comprendere se, e a quali condizioni, il PNRR potrà davvero incidere sul SSN del futuro.
Cambiare il paradigma della sanità digitale
La gran parte delle prestazioni censite nei setting della specialistica ambulatoriale e in quelli territoriali (flussi ex art. 50) può e deve progressivamente passare da prestazione in presenza a televisita, teleconsulto, teleconsulenza, con evidenti benefici in termini di progressivo decongestionamento delle prestazioni ospedaliere non appropriate, agevolmente riscontrabili dalla mole di codici bianchi nei pronti soccorsi e con economie di sistema non trascurabili.
Secondo il rapporto del Ministero della Salute del 2017 sulla rilevazione delle apparecchiature sanitarie in Italia, in media negli ospedali pubblici e privati convenzionati il 36% dei macchinari ha più di 5 anni e il 32% oltre 10. Nel Rapporto 2018 sul coordinamento della Finanza Pubblica la Corte dei Conti, l’obsolescenza è individuata come la causa principale della frequente indisponibilità delle apparecchiature che determina costi crescenti di manutenzione ed il ricorso al privato convenzionato ovvero all’out of pocket.
Dai dati 2021 dell’inventario nazionale risulta da sostituire il 17% delle grandi apparecchiature (1284 su 7753); segnatamente: 344 nuove tac su 2.219, 191 risonanze magnetiche su 1.330, 83 acceleratori lineari per la radioterapia su 575, 197 angiografi su 1.020, 82 macchinari gamma camera per le scintigrafie su 443, 55 apparecchiature uniche per Tac e scintigrafie su 183, 34 pet su 208, e 298 mammografi su 1.775. Vanno aggiunte 947 macchine per le radiografie e 931 per le ecografie.
Secondo i dati diffusi dal Ministero della Salute con il PNRR saranno utilizzati 1,19 miliardi di cui alla misura M6 C.2 (vedi box in fondo) per sostituire 313 apparecchiature con oltre 5 anni di età entro la fine del 2024. Le prime 3 regioni per fabbisogno di sostituzione sono: Lombardia, Lazio e Veneto. Dunque la strategia del PNRR punta sul upgrade tecnologico. Ottimo, ma bisogna chiedersi: sarà sufficiente sostituire le grandi apparecchiature per cambiare l’approccio dell’utilizzo? E ancora, le procedure di acquisto attuali e l’impianto vigente del Codice degli appalti possono garantire il rispetto degli obiettivi dichiarati?
Un Sistema Sanitario non più sostenibile
L’obsolescenza tecnologica è sicuramente una variante rilevante per la qualità delle prestazioni offerte dal SSN ma non è la principale. Per ripensare il sistema sanitario del futuro, ossia un SSN: universale, inclusivo, centrato sul paziente, sostenibile sul piano finanziario.
Il sistema sanitario cui siamo abituati standardizza fabbisogni, consumi e prestazioni e fornisce una risposta sanitaria uguale per tutti i pazienti, ma (ahinoi!) diversa da Regione a Regione, In questo modo si consumano troppe risorse. Il sistema attuale, che remunera le prestazioni ospedaliere a “DRG” premiando i tempi decrescenti di degenza senza misurare gli esiti, non è sostenibile nel tempo e non è coerente con il trend demografico che il PNRR fotografa.
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