Uscire dalla sperimentazione della telemedicina e andare verso un paradigma che ne faccia il perno di una riorganizzazione complessiva dei servizi sul territorio. I problemi da affrontare e alcuni elementi tratti da studi internazionali che possono fungere da fondamenti per una via italiana alla medicina digitale.
Articolo di Mauro Caliani e Francesco Gabbrielli su Agenda Digitale
L’Italia deve definire un modello di sviluppo della telemedicina che tenga conto delle peculiarità del nostro territorio, delle autonomie regionali, delle esigenze locali della popolazione, ma che si basi sulle evidenze scientifiche.
Una panoramica sui problemi da affrontare e sui nuovi scenari e nuovi possibili paradigmi per affrontare un’evoluzione delle pratiche clinico-assistenziali che potremmo chiamare di “medicina digitale”.
È ormai giunto il tempo, infatti, di uscire dall’epoca delle sperimentazioni di telemedicina e a livello nazionale si discute su quali siano le cause che maggiormente si oppongono alla trasformazione.
In tali discussioni spesso vengono indicati gli effetti negativi sullo sviluppo dovuti alla mancanza di sistemi di remunerazione specifici, all’assenza di definizioni di standard oppure ai problemi medico-legali relativi alle prestazioni specialistiche effettuate da remoto, ovvero lontano dalla sede legalmente riconosciuta come luogo di lavoro dei sanitari. Il rilievo dato negli anni passati a questo tipo di problematiche però sta progressivamente svanendo, superato di fatto dall’emergere di nuove possibilità operative e organizzative nate dall’esperienza maturata nei tentativi di risolvere o aggirare i numerosi ostacoli e vincoli normativi, procedurali, burocratici, gestionali e anche finanziari in cui sono incorsi quei tanti progetti passati che non sono andati a buon fine. Tutto ciò insieme al superamento degli stereotipi riguardanti la telemedicina che hanno condizionato in passato i processi decisionali del management aziendale.