Articolo di Sergio Pillon su TechEconomy
Cosa significa digital health? Secondo Wikipedia “Digital health is the convergence of the digital and genomic revolutions with health, healthcare, living, and society. Digital health is empowering people to better track, manage, and improve their own and their family’s health, live better, more productive lives, and improve society. It’s also helping to reduce inefficiencies in healthcare delivery, improve access, reduce costs, increase quality, and make medicine more personalized and precise.” Più divertente è la disambiguazione, da non confondere con la salute del computer, ricorda Wikipedia.
Nel mondo anglosassone è un termine ormai comune, che in Italia potremmo provare a tradurre letteralmente con Salute Digitale. Le modificazioni del mondo che ci circonda apportate dal passaggio dagli atomi ai bit, come ricorda sempre Negroponte, hanno cambiato molto del nostro modo di vivere, di guadagnare, di spendere, di comunicare. E tutto questo necessariamente si riflette sul modo di erogare servizi sanitari, di fruirli e di organizzarli. Alcune di queste innovazioni sono alla radice del nostro modo di diagnosticare e curare (la genomica ad esempio), altre coinvolgono modelli organizzativi (la ricetta elettronica ad esempio), altre agiscono direttamente sul rapporto medico-paziente (la telemedicina). In questa nuova rubrica si parlerà dell’universo della Digital Health, ovvero della salute nel mondo digitale, partendo oggi con una riflessione su una sentenza riferita ad un decesso durante il telemonitoraggio che ha fatto discutere.
TELEMONITORAGGIO E TELEMETRIA: UNA SENTENZA DELLA CASSAZIONE
La Corte di Cassazione si è pronunciata nei giorni scorsi (Cass. pen. Sez. IV, Sent., ud. 03‐12‐2015, 21‐01‐2016, n. 2541) in merito ad un decesso durante il telemonitoraggio. Come descritto nel documento di sentenza 1. “ G.M. veniva tratto a giudizio davanti al tribunale di Livorno in ordine al delitto p. e p. dall’art. 589 c.p. perché, nella qualità di direttore della Divisione di Cardiologia e Unità di Terapia Intensiva Cardiologia dell’ospedale civile di Livorno, per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia ed inoltre in violazione dei protocolli di buona prassi di organizzazione del lavoro in U.T.I.C. cagionava il decesso del paziente Go. M.. Precisamente a G.M. veniva contestato di aver omesso di verificare, al momento del trasloco dell’U.T.I.C.presso la nuova struttura nel febbraio 2006, che il mantenimento della precedente turnazione di tre Infermieri Professionali complessivi (non adeguato alla nuova logistica del reparto dove uno dei tre infermieri si sarebbe trovato in locali diversi dell’U.T.I.C. e materialmente impossibilitato al controllo dell’apparecchiatura di monitoraggio) comportava la formale scomparsa della funzione di controllo dal piano di lavoro, nonché il sostanziale impedimento della stessa nelle occasioni in cui gli infermieri professionali presenti in U.T.I.C. fossero stati completamente assorbiti dalle incombenze ordinarie e straordinarie del reparto.”
In sintesi per i non esperti, U.T.I.C. vuol dire Unità di Terapia Intensiva Coronarica, dove vengono ricoverati i pazienti con infarto acuto. Dunque il primo punto chiave: il “tele” non si riferisce ad un paziente sul territorio ma ad un paziente ricoverato in reparto. Non cambia di molto però il senso del problema: si tratta di un decesso causato da una “incuria” nel controllo del sistema di telemetria (o telemonitoraggio) che tecnicamente ha fatto il suo dovere, segnalando che il paziente aveva una aritmia critica, ma per problemi tecnici ed organizzativi nessuno se n’è accorto, causando purtroppo il decesso del paziente. Il giudice di secondo grado aveva attribuito la colpa al primario del reparto. Il paziente è deceduto, secondo quanto accertato in primo grado perché “Go. era rimasto abbandonato a sé stesso, precisando che l’abbandono fu cagionato dal fatto che le infermiere B. e Ce., sole presenti nel reparto dalle “ore 5.15/5.30” fin “dopo le ore 6”, erano impegnate nell’assistenza urgente di altri pazienti e non erano pertanto “in grado di permanere nella guardiola davanti al monitor della postazione centrale, ove sono consumabili le tracce delle telemetrie”. Osservava il Giudice di primo grado che nella descritta situazione soltanto l’allarme sonoro avrebbe potuto avvertire tempestivamente le infermiere dell’aritmia ventricolare di Go., ma “l’allarme della telemetria n. I applicata a Go. non era scattato perché recava l’impostazione ALLARMI SOSPESI e – per quanto attiene alla durata della sospensione degli allarmi ‐ era stato configurato su “INDEFINITE”, cosicché quando la telemetria veniva applicata con gli allarmi sospesi, questi rimanevano tali se e fino a quando l’operatore non procedeva alla loro attivazione manualmente anche se l’apparecchio telemetrico veniva scollegato da precedente paziente, spento, collegato a nuovo paziente e riacceso”. continua a leggere