Quando rossi di frutti li credevo feriti
La salute per me li aveva lasciati
Coi fiori di neve che avevan perduti
Per questo giurai che avrei fatto il dottore
E non per un dio, ma nemmeno per gioco
Perché i ciliegi tornassero in fiore
Perché i ciliegi tornassero in fiore
Non volli tradire il bambino per l’uomo
E vennero in tanti e si chiamavano “gente”
Ciliegi malati in ogni stagione
Inizio la mia lezione al Corso di Medicina Narrativa per gli studenti del terzo anno di medicina con “Un medico” di Fabrizio De André.
In aula ci sono il professore che coordina il corso e 6 studenti. Io sono su zoom proiettata su un grande schermo insieme a 53 studenti, che arrivano puntualmente entro il consueto quarto d’ora accademico. Dopo circa 30 minuti, tutti insieme 20 studenti abbandonano, seguiti a ruota 10 minuti dopo da altri 10 studenti. Come mai? Sarebbe inimmaginabile in una lezione in aula alzarsi in venti e andarsene. Sarebbe interpretato come un segno di protesta e non solo di noia per la lezione. Cosa succede? L’ipotesi che la mia lezione non fosse interessante è certamente fondata, ma la mia forse esagerata autostima, mi spinge a interrogarmi sul fenomeno. Cos’è successo in quella mezz’ora? Ecco una breve etnografia in quattro tappe.
1) Presenza
2) Identità
3) Condivisione
4) Appartenenza
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