Le frontiere in sanità possono diventare i luoghi dove gli sforzi di oggi, in ricerca e tecnologia, raggiungono nuovi successi domani per la vita dei pazienti. A ricordarlo in apertura dell’evento internazionale Frontiers health, in programma a Roma fino al 10 novembre, è il ceo e fondatore di Healthware group, Roberto Ascione.
“Nella lingua inglese – afferma Ascione – la parola frontier può essere intesa sia come il confine fra due Paesi sia come il confine tra ciò che sappiamo e ciò che non sappiamo. Con questa consapevolezza dobbiamo continuare a lavorare nel settore per dare risposte alle domande”. Un esempio di ciò che la ricerca può offrire ai pazienti e alle loro famiglie lo offre Silvia Cerolini, mamma di Vicky, che parla della organizzazione che ha fondato, “Eyes on the future”, per dare un futuro a chi è affetto da malattie rare come la RDH12 che ha colpito alla retina sua figlia e che la sta rendendo lentamente non vedente. Grazie all’alleanza globale, creata negli ultimi sei anni, l’organizzazione ha dato avvio a diverse linee di ricerca per lo sviluppo di nuove terapie.
Dalla minaccia, un’opportunità per la salute
La pandemia ha rappresentato una drammatica pagina per l’umanità ma ha anche dato impulso alla implementazione di numerosi device e strumenti di digital health. “Covid-19 – afferma il vicepresidente globale per l’innovazione esterna e i partenariati di Bayer, Lucas Scherdel – ha accelerato la diffusione degli strumenti self-care. Il 44% dei pazienti ha iniziato a usare i device o le app per migliorare le proprie condizioni e il 90% ha avuto un’esperienza positiva. Il 60% vuole usare la tecnologia anche per le comunicazioni con i sanitari. Questo cambiamento ha fatto crescere le opportunità del mercato. Pensiamo solo come su Google ogni anno si contino 200 miliardi di ricerche relative alla salute e che il mercato prevede di raggiungere i 20-30 miliardi entro il 2030”.
Il confronto nazionale sulla sanità digitale
Al summit dedicato al panorama italiano della sanità digitale, il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ribadisce l’attenzione dell’esecutivo verso la creazione della infrastruttura digitale. “Lo strumento chiave – avverte – è il fascicolo sanitario elettronico che abbiamo fatto entrare nella fase operativa. L’interfaccia digitale deve diventare uno strumento di utilizzo comune per accedere con facilità a tutti i servizi. Sotto la spinta dell’innovazione, si è innescata una rivoluzione culturale che dobbiamo portare avanti con spirito di collaborazione in ambito nazionale e europeo”. Sulla necessità di creare le condizioni regolatorie per accompagnare le innovazioni, si sofferma il presidente di Farmindustria, Marcello Cattani. “L’Italia – afferma – sta facendo bene la sua parte grazie all’impegno del nuovo governo e alla volontà di colmare i gap in diversi ambiti del nostro sistema salute”. Per Cattani, i messaggi sono tre: continuare sul percorso delle riforme, rendere più omogenei i sistemi e avere autonomia nell’ambito digitale con un contenitore chiaro che possa lavorare in maniera efficace rispetto ai modelli regionali. A rilanciare il ruolo innovativo dell’Italia è poi il presidente dell’Agenas, Enrico Coscioni. “L’Italia – ricorda – sarà il primo Paese europeo ad avere una piattaforma nazionale di telemedicina grazie alla quale usciamo dalle iniziative locali per darci una visione nazionale e internazionale”.
Equità di accesso
Servono studi adeguati che dimostrino l’efficacia terapeutica perché non va dato per scontato che tutto ciò che è digitale sia innovativo. A ricordarlo è il presidente della Fondazione Ricerca e salute, Nello Martini: “Non vorrei che ciò che riteniamo innovativo, invece di essere un elemento di unità del Paese, diventasse un elemento di differenza, fino ad arrivare all’out of pocket. Un’altra mia preoccupazione è se siamo in grado di mantenere i tempi di valutazione rispetto alla velocità del mercato. Dobbiamo ragionare rapidamente. Spero ci sia un emendamento alla legge di bilancio per trovare delle risposte, la cosa peggiore è creare disuguaglianze e che l’innovazione non diventi uno strumento di inclusione sociale. Vedo che c’è molto dibattito ma c’è ancora una grande distanza fra strumenti e tempi”.
Una novità che l’Italia è in procinto di introdurre è il nuovo programma nazionale di Health technology assessment. “Rispetto a quello del 2017, il nuovo programma ha le risorse e disegna una governance che segna le responsabilità degli attori del sistema”, spiega Il direttore dell’unità di Health Technology Assessment Unit dell’Agenas, Marco Marchetti. “Stiamo definendo – aggiunge – un percorso di accesso per permettere alle terapie digitali di essere facilmente accessibili da parte dei cittadini. A differenza del farmaco, il dispositivo ha bisogno di un adeguamento dei processi. Se questi ultimi non sono corretti e adeguati si rischia di non usare l’innovazione”.
Un mondo connesso
Fra le tante occasioni di confronto all’interno dell’evento internazionale, c’è anche quella sulla conoscenza da parte delle giovani generazioni dell’approccio One health. Dal nuovo rapporto dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis), pubblicato a ottobre, emerge che gli studenti italiani conoscono l’Agenda 2030 dell’Onu ma non l’ottica One health. “La questione della salute è molto sentita da parte dei nostri giovani e dalla età adulta – afferma il direttore delle relazioni istituzionali dell’Asvis, Carla Collicelli – ma non è facile realizzare il concetto di interconnessione tra l’uomo, gli altri esseri viventi e l’ambiente. Nel frattempo è stato creato un intergruppo parlamentare ma vanno accelerati i tempi. Le nostre proposte per la salute e il benessere riguardano il disagio psichico, il finanziamento della nuova legge per la non autosufficienza, la costruzione di una infrastruttura europea per i vaccini e le iniziative di informazione sulla salute dedicate ai ragazzi”.
Partire dalle scuole
Per il direttore della Fondazione MSD, Goffredo Freddi, “pensare in maniera settorializzata non è possibile quando si parla di One health. Occorre pensare a una nuova didattica in ambito scolastico e per questo abbiamo subito supportato il progetto ‘One health project, scuole in azione’. La Fondazione ha da tempo a cuore i progetti di alfabetizzazione in materia di salute per permettere alle persone di assumere decisioni consapevoli”. Da anni impegnati nell’informazione dei ragazzi e in particolare sugli stili di vita sono anche i volontari della Associazione nazionale persone con malattie reumatologiche e rare (Apmarr). Uno dei loro ultimi progetti è focalizzato sul cibo: “In collaborazione con i nutrizionisti – spiega Antonella Celano, presidente di Apmarr – abbiamo redatto un ricettario che i pazienti, nonostante le malattie croniche, grazie a degli ausili, hanno cucinato presso alcune strutture sanitarie”. Sui rischi delle fake news, interviene Sonia Carisi, direttore generale della Fondazione IncontraDonna: “i giovani sono bombardati da informazioni false. Cerchiamo di intercettare i loro canali e di sfruttare personaggi noti che possano catturare l’attenzione dei ragazzi”.
Articolo pubblicato da Hps-AboutPharma IN COLLABORAZIONE CON FRONTIERS HEALTH