Il meglio lo vediamo in Danimarca, e subito dopo in Svezia, Inghilterra ed Estonia. Sono i paesi ai primi posti della classifica redatta da Iqvia, società specializzata in analisi avanzate, soluzioni tecnologiche e servizi di ricerca clinica per il settore delle scienze della vita con circa 82.000 dipendenti sparsi per il mondo, che ha redatto “Switching On the Lights, Benchmarking digital health systems across Emea“, un report sulla sanità digitale in Europa. In questa classifica l’Italia si trova in fondo al gruppo dell’Europa occidentale con la Spagna ma molto peggio fanno Svizzera e Irlanda.
Tre gruppi di paesi
Gli elementi che hanno portato al vertice i quattro paesi risiedono nei programmi genomici su larga scala, i progressi nelle sperimentazioni decentralizzate e l’uso di dati sanitari nazionali per prendere decisioni basate sull’evidenza. In più c’è una lunga storia di tentativi di digitalizzazione del sistema sanitario, come evidenziato dall’Estonia, un sistema sanitario altamente centralizzato come l’Nhs England e la disposizione culturale verso progetti ambiziosi come il sequenziamento dell’intero genoma su scala nazionale come quello visto in Danimarca. Svizzera e Irlanda, invece finiscono in fondo al gruppo perché non hanno avviato progetti all’avanguardia come il sequenziamento dell’intero genoma di gran parte della popolazione sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale. La classifica è stata elaborata a partire da una serie di parametri che hanno permesso di dividere i paesi in tre gruppi.
Quello degli Architetti comprende i paesi che hanno un punteggio elevato nelle iniziative. Questi Stati possono vantare politiche, finanziamenti, governance dei dati e istituzioni. Si tratta di un mix variegato che comprende anche il varo di leggi ambiziose sulla salute digitale, ben finanziate, ma che devono ancora costruire infrastrutture conformi. Emirati Arabi Uniti e Lituania per esempio, hanno forti principi di governance dei dati e Spagna e Italia hanno leggi complete, ma sono ostacolate da un’attuazione disomogenea a livello regionale. Io Costruttori sono quei paesi che hanno dato vita a iniziative significative e un alto livello di infrastrutture sviluppate, come Francia e Germania. I costruttori hanno leggi digitali complete e le loro infrastrutture sono in gran parte già pronte, ma mancano di incentivi o le strutture legali per fare uso di questi dati a livello nazionale, come nel caso dell’Austria. Altri esempi sono l’Estonia, che ha costruito con successo servizi sanitari digitali attorno alla sua e-ID introdotta nel 2002 e Israele che nel 2004 ha introdotto una legge che obbliga tutti i fondi malattia a non utilizzare più la carta guidando in questo modo l’adozione del digitale. Infine, gli Operatori ovvero quei paesi che si trovano più in alto nella curva di maturità e che possono sfruttare l’infrastruttura digitale che hanno creato. Gli operatori generano dati al fine di informare le politiche pubbliche che possono così migliorare l’efficienza operativa nella gestione del sistema sanitario. I Paesi che rientrano in questa fascia sono l’Inghilterra, leader nelle sperimentazioni cliniche decentralizzate e che utilizza l’intelligenza artificiale per analizzare i dati sanitari su scala nazionale e poi Svezia e Danimarca che hanno entrambe un uso diffuso di soluzioni di teleassistenza e l’utilizzo di progetti di I.A nel settore pubblico. Nello studio l’Italia viene citata come esempio virtuoso per quanto riguarda le risorse. Accanto alla Germania che con il Digital Healthcare Act destina duecento milioni di euro l’anno al settore, “L’Italia si è recentemente si è impegnata a migliorare le reti di sistemi e a digitalizzare il proprio sistema sanitario attraverso un pacchetto nazionale di resilienza nazionale di resilienza post-pandemica del valore di 20 miliardi di euro“.