Cristina Cenci, antropologa, fondatrice del Center for Digital Health Humanities, firma un editoriale per il settimanale 7 del Corriere della Sera. A causa della pandemia, l’ultimo Carnevale di Venezia viene sospeso e accanto alle maschere che pian piano spariscono, appaiono le mascherine di quei pochi stranieri che restano. Cosa è accaduto dopo?
Articolo di Cristina Cenci su corriere.it
Il 23 febbraio il carnevale di Venezia viene sospeso e accanto alle maschere che pian piano spariscono, appaiono le mascherine dei pochi stranieri che restano. In quel momento, la differenza tra la maschera e la mascherina è netta. La maschera è la festa, la memoria, il gioco, un rituale di metamorfosi. La mascherina è il volto di una minaccia che si percepisce ancora distante, incerta. Sembra incongrua in quella festa di maschere, disturba.
L’8 marzo con il lockdown le cose cambiano. La mascherina diventa il nostro lasciapassare, il mediatore fondamentale che ci consente di proteggere noi stessi e gli altri dalla contami- nazione. Negozia il dentro e il fuori. Progressivamente diventa garante della possibilità dei gesti più quotidiani. Volentieri rinunciamo al nostro volto. Continua a leggere