L’intervista a Cristina Cenci sulla rivista online di Fondazione Angelini
L’intervista completa su Fondazione Angelini
Lo ha rivelato una recente ricerca dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School Management del Politecnico di Milano: sempre più italiani comunicano con il proprio medico attraverso Internet. I dati raccolti sono il risultato di un sondaggio che ha coinvolto 150 aziende sanitarie, 656 medici di medicina generale e 1.000 pazienti in tutta Italia. Per capire meglio questa tendenza e le nuove possibilità che il digitale può aprire per la medicina, abbiamo fatto alcune domande a Cristina Cenci, antropologa e cofondatrice del Center for Digital Health Humanities e di Digital Narrative Medicine, la prima piattaforma digitale per l’applicazione della medicina narrativa nella pratica clinica.
Ciao Cristina, a tuo avviso come si spiega questo fenomeno di digitalizzazione nel contesto della comunicazione sanitaria?
Spesso si tende a considerare la comunicazione sanitaria e la relazione medico paziente come fenomeni totalmente autonomi e immutabili rispetto ai cambiamenti sociali e culturali. Al contrario, le modalità di costruzione della relazione medico-paziente rientrano nel contesto più ampio della costruzione delle relazioni interpersonali e sociali. Proviamo a ribaltare quindi la domanda. Perché mai anche la relazione con il medico non dovrebbe diventare sempre di più digitale, in un contesto in cui l’intera comunicazione sociale è sempre più centrata sui nuovi strumenti? Chiaramente l’uso del digitale non è neutro rispetto alle caratteristiche e ai contenuti delle relazioni che rende possibili. Molte resistenze e difficoltà, soprattutto da parte dei medici, nascono proprio dal fatto che l’uso degli strumenti digitali non ha implicazioni solo operative ma contribuisce a problematizzare il principio gerarchico che ha esplicitamente o implicitamente finora orientato lo scambio tra medico e paziente, promuovendo processi più condivisi e “alla pari”.
Quali sono i principali vantaggi della digitalizzazione per la medicina narrativa?
Quando si parla di medicina narrativa si pensa subito ad una relazione medico paziente caratterizzata da maggiore vicinanza e attenzione. E spesso si tende ad associare questi aspetti ad una relazione faccia a faccia. Al contrario, la nostra idea è che talvolta una maggiore vicinanza sia resa possibile dalla distanza. Lo schermo digitale non introduce maggiore spersonalizzazione nella relazione, al contrario, può facilitare l’ascolto della storia del paziente. Il medico spesso non è abituato ad ascoltare e gestire i vissuti emotivi e i bisogni della persona nel malato, tende a vedere solo la malattia. Nella maggior parte dei casi non ha tempo reale e soggettivo per questo tipo di ascolto. A sua volta il paziente, nel corso della visita, tende a non ricordare con chiarezza, è confuso, talvolta in soggezione. L’uso della comunicazione digitale consente al medico e al paziente di scegliere i tempi della scrittura e dell’ascolto. Il paziente scrive quando si sente, quando riesce, quando ha il problema. Il medico legge quando può e riesce anche meglio a condividere con l’intero team curante osservazioni e feedback. Sono sempre di più le start up e i device per il tele monitoraggio dei parametri clinici. Pensiamo che il digitale sia fondamentale anche per rilanciare e valorizzare l’uso della storia nella pratica clinica.
Nei contesti clinici si sente sempre più parlare di “empowerment”: che significato assume questa “presa di controllo” del paziente nel contesto della medicina narrativa digitale?
“Empowerment” è una parola che ormai non manca quasi mai nei progetti di cambiamento sanitario. Spesso però non si associa a strumenti operativi facilmente utilizzabili. La medicina narrativa digitale vuole essere uno di questi strumenti. Non implica infatti investimenti economici rilevanti o cambiamenti organizzativi decennali. Serve più semplicemente a utilizzare meglio quella che è stata definita come la risorsa più sotto utilizzata in sanità: l’esperienza del paziente. Pensiamo alle patologie croniche. Il paziente progressivamente impara a gestire sempre meglio la sua malattia, coglie cosa lo fa stare meglio e cosa peggio, focalizza come migliorare aspetti chiave della sua vita quotidiana. Spesso questo sapere non conta per il medico, centrato prevalentemente sul controllo di valori e parametri. Raccontando la sua storia attraverso una piattaforma digitale, il paziente si riappropria del suo percorso e può co-costruire con il curante un progetto di cura e di gestione della malattia più adatto a lui. “Empowerment” in questo contesto corrisponde alla valorizzazione della storia individuale per una medicina “di precisione”, basata sulle esigenze e le caratteristiche uniche e irripetibili del singolo paziente.
La piattaforma Digital Narrative Medicine è il risultato della ricerca del Center for Digital Health Humanities: uno strumento innovativo che mette in comunicazione digitale medico e paziente con finalità cliniche. Com’è organizzato il flusso di informazioni? Vengono forniti degli spunti per la narrazione della malattia o il paziente conduce la narrazione liberamente?
La nostra piattaforma consente di adattare il percorso narrativo alle esigenze specifiche dei curanti e dei pazienti. Il paziente può condurre la narrazione liberamente, se questa è l’esigenza. Più spesso noi consigliamo di utilizzare le funzionalità avanzate della piattaforma che consentono di impostare liste di stimoli narrativi pensati per specifici obiettivi terapeutici. La nostra idea infatti è che la storia dovrebbe avere lo stesso valore di un’ecografia o una tac. Non si richiede un’ecografia senza un obiettivo di conoscenza e di intervento. Lo stesso vale per la storia. La medicina narrativa non implica che il medico diventi un amico con cui il paziente si confida, a cui racconta tutto quello che gli viene in mente. La raccolta della storia ha un obiettivo clinico. Gli stimoli servono quindi a guidare il racconto del paziente verso questo obiettivo. Se lo scopo è capire e migliorare l’aderenza terapeutica, gli stimoli guideranno il paziente nel focalizzare il vissuto e l’uso dei farmaci. Se si tratta di una prima diagnosi, gli stimoli faciliteranno l’emergere dell’impatto della malattia o la descrizione della specificità dei sintomi. In sintesi il flusso prevede che il curante inviti il paziente a scrivere la sua storia, scegliendo alcuni stimoli narrativi. Il paziente accede alla piattaforma da computer o da mobile e scrive la storia seguendo gli stimoli, che non si presentano tutti insieme, ma progressivamente. In qualsiasi momento il paziente può comunque integrare la narrazione con osservazioni libere, indipendenti dagli stimoli. Se il paziente l’autorizza, il curante può condividere la storia con altri curanti direttamente attraverso la piattaforma, scambiando note e messaggi con il team. Il curante può decidere se parlare della storia con il paziente negli incontri programmati faccia a faccia o se interagire con il paziente attraverso la piattaforma. È possibile anche coinvolgere gruppi di pazienti in un percorso narrativo guidato. In questo caso la personalizzazione si arricchisce anche delle esperienze di altri pazienti al tempo stesso “come me” e diversi da me. continua a leggere