In servizio nel reparto di Elettrofisiologia del Policlinico San Donato che per le nuove sale ha investito 25 milioni di euro. Sono due esemplari che funzionano come avatar del medico
I medici che li usano già li chiamano Cric e Croc. Sono i due robot supertecnologici, i primi del genere in Italia che, d’ora in poi, saranno utilizzati al Policlinico San Donato alle porte di Milano, nel reparto di Elettrofisiologia appena inaugurato. Ognuno dei due super robot, alti un metro e 70 centimetri, è una sorta di ‘avatar’ del chirurgo. Che, tramite un tablet, lo può manovrare a distanza, “anche dalla sala d’attesa di un aeroporto – dice il primario del nuovo reparto, Carlo Pappone – I due robot rappresentano una nuova frontiera nella gestione del rapporto con il malato, in cui è richiesta sempre più competenza e un intervento immediato del medico in circostanze critiche: in questo senso, direi che non li allontana, ma al contrario li avvicina. Visto che grazie a questa tecnologia il medico può essere presente anche quando è a un congresso, o si trova all’esterno dell’ospedale”.
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I due robot hanno una ” testa” speciale: in pratica, uno schermo piatto nel quale chi si trova davanti al macchinario vede riprodotta l’immagine del medico che lo sta manovrando a distanza. A sua volta, il medico grazie alla telecamera piazzata sul robot si muove tra le corsie come se fosse lì in persona. Eseguendo, passo passo, tutte le procedure: manovrando il robot, il medico può vedere gli esami e la cartella clinica del paziente, dialogare con i suoi collaboratori ed essere in sala operatoria, interagendo con i macchinari (come schermi magnetici, sonde, cateteri) usati per intervenire sul malato.
Un grande investimento per il Policlinico San Donato, primo a livello nazionale per numero di interventi cardiaci e per questo riconosciuto Irccs (Istituto di ricerca e cura a carattere scientifico) dal ministero della Salute: sui due robot, e i laboratori tecnologici del nuovo reparto dove questi saranno usati, l’ospedale ha investito 25 milioni.
Di qui, anche la decisione di chiamare per dirigere il nuovo reparto Pappone, chirurgo specializzato in elettrofisiologia e artimologia, e autore di uno studio, insieme son lo spagnolo Josep Brugada, sulla sindrome di Brugada. Una malattia genetica che colpisce i tessuti del cuore, e che è ritenuta responsabile delle morti improvvise, per arresto cardiaco, nei pazienti sotto i 40 anni: Pappone e Brugada hanno studiato una procedura che permette di sconfiggere questa patologia.
Articolo di Alessandra Corica su Repubblica