Digitalizzare il sistema di welfare e utilizzare algoritmi al posto dell’interfaccia umana è una soluzione poco efficiente e poco equa, che non migliora la qualità della vita delle persone coinvolte nei programmi di assistenza e può anche portare a situazioni pericolose. Vediamone gli effetti collaterali e inattesi.
Articolo di Domenico Marino su Agenda Digitale
In molti paesi del mondo – Regno Unito, India, USA, Australia in testa – si stanno studiando meccanismi digitali per gestire il sistema di welfare in maniera da renderlo, almeno nelle intenzioni, più trasparente, più equo, meno costoso e più efficiente.
Trasferire su una piattaforma digitale tutte le richieste di assistenza legate alle prestazioni sociali e sostituire il fattore umano con un algoritmo nella gestione e nell’evasione della pratica può sembrare un’ottima idea, per ridurre i costi del welfare e quindi magari farlo funzionare meglio, per più persone.
Purtroppo le cose non stanno esattamente così e il ragionamento che andremo a sviluppare potrà portare ad interessanti considerazioni sulla valenza e sui rischi dell’intelligenza artificiale.
Molti spunti di riflessione, e allarmi, giungono dal recente rapporto “Report of the Special Rapporteur on the promotion and protection of the right to freedom of opinion and expression, dello special rapporteur ONU Frank La Rue e dallo speciale Automating Poverty del Guardian.